Caro E.,
oggi hai partecipato ad una specie di introduzione al forest bathing insieme a me e la mamma. Dentro di te albergano i ricordi emotivi del contatto con la corteccia, dei tuoi piedini bagnati dal fiume, dell'odore del palo santo, dei passi a contatto con l'erba e della connessione tra tutte le persone presenti.
Probabilmente non sei in grado di tornare con la tua memoria a questi avvenimenti, ma forse (quando leggerai da solo queste parole) ripeterli li avrà sempre rievocati provocandoti uno stato di benessere. Io me auguro, ma sarai tu a raccontarmelo.
Questa giornata però, al termine di una settimana importante per ritrovare equilibrio e fare il pieno di energia, è stata importante anche per me perché mi ha permesso di riflettere su alcune parole e fare ancora qualche passo avanti nella grande missione di diventare la persona che sto scoprendo dentro di me.
La prima parola, la più importante della giornata, che ti voglio lasciare è sapienza. Questa parola è divampata dentro di me quando insieme ci siamo avvicinati ad un albero che tu stesso avevi indicato. Lo abbiamo guardato, lo abbiamo toccato, accarezzato e osservato; a quel punto ho capito di essere dinnanzi ad un maestro di sapienza, di essere immerso in maestri di sapienza. Ogni albero ha nella sua massima espressione di sé la scalata verso il cielo, ogni albero trova sempre la strada per puntare verso l'alto e per farlo sceglie con cura dove porre le sue radici. Le stesse radici con cui poi è in grado di comunicare nelle profondità della terra con i suoi fratelli, sono il sostegno verso l'infinito che prova a raggiungere contro ogni ostacolo e ogni avversità. E quale epifania vedere come ogni albero fa tutto questo in modo unico: tutti gli alberi hanno le radici ma poste ognuna in modo unico, ogni albero cresce verso l'alto ma ognuno in modo inconfondibile. Ogni albero, dal più grande al più piccolo, sono innatamente custodi di questi unicità, non serve impararla perché è già lì.
Ecco allora, figlio mio, che anche dentro di te alberga la natura dell'albero. Spero con le mie radici di riuscire a tenere il terreno morbido per far affondare le tue, nel modo che tu saprai essere il migliore per puntare la tua vita verso l'alto. Oggi gli alberi mi hanno insegnato un altro pezzetto di come essere padre: spingere la mia vita verso l'alto, così che tu possa vedere cosa già c'è dentro di te e ricordarmi che ogni albero segue la sua via e quando lo può fare non esiste ostacolo in grado di impedirgli di esprimere la sua essenza, fino all'ultimo giorno.
La seconda parola a fare breccia nel mio cuore è stata la parola presenza. L'ha portata la corrente del fiume mentre eravamo seduti tra i sassi costruendo un ometto di pietra: un'attività semplice nella sua essenza ma impegnativa al punto giusto da permettere di sperimentare quello stato di connessione tra pensiero e azione, tra corpo e mente che prescinde il passare del tempo e che ti rende un tutt'uno con la realtà che ti circonda (il flow, insomma). Questa esperienza, in una settimana che è stata in parte dedicata a recuperare le energie e l'equilibrio è stata manifestazione di un percorso concluso, di una ritrovata quiete e armonia del mio corpo, della mia mente e del mio spirito. Ancora una volta l'elemento naturale a insegnarmi qualcosa: è la costruzione il vero momento di presenza, il vero momento di connessione e di restituzione del nostro io al mondo e ogni costruzione si fonda su un mucchio di sassi portati e spazzati dalla corrente imperturbabile della vita. Fai di essa una continua costruzione, piccolo E., senza mai farti scoraggiare dai crolli e restituendo al mondo ogni passo intermedio, ogni sasso posto in equilibrio, ogni piccola azione verso la tua opera. Sii presente nel mondo, dentro ad esso.
L'ultima parola che voglio condividere con te oggi è gratitudine. Sono spesso in conflitto con questa parola perché sono cresciuto con l'impostazione di "dover" essere grato in quanto fortunato rispetto ad altre persone. Sono cresciuto con l'idea che fosse quasi un mio dovere essere grato a prescindere dal mio stato d'animo, che non mi fosse permesso non essere grato. Nel tempo questa parola si è svuotata di significato ed è diventata una specie di pro forma. Eppure oggi qualcosa è successo quando la nostra guida ci ha chiesto di dire grazie al sole: effettivamente un sorriso è salito dal profondo e subito ha innescato un pensiero: perché sono grato del Sole? Perché non sarei dovuto essere grato della pioggia allo stesso modo? Cos'è questa gratitudine?
Ci ho pensato molto, lungo la strada per tornare a casa, e quello che ho capito è questo: sono grato del Sole perché mi ha permesso di vivere l'esperienza come qualcun altro la aveva pianificata, se avesse piovuto l'esperienza non si sarebbe fatta. Inizio ad intravedere uno schema: se le condizioni sono favorevoli all'azione pianificata sono grato delle condizioni, altrimenti no. Ma allora, come si conduce una vita all'insegna della gratitudine? Come posso ridare peso e sostanza a quella parola? Non sono ancora giusto ad una risposta definitiva, ma credo che le prime due parole c'entrino qualcosa. Cercare per ogni condizione di entrare in uno stato di presenza che ti permetta ancora una volta di essere la massima espressione di te e spingerti ancora un po' verso l'alto. Allora ogni condizione di fatto diviene in qualche modo funzionale alla tua crescita e potrai accoglierla e ringraziarla, anche dovesse trattarsi di dolore. Questo ultimo pensiero è più una suggestione, un qualcosa che si è mosso dentro, più che una teoria su cui mi sento di fare affidamento. Resta un seme da coltivare per vedere a cosa darà vita. Di certo ha risvegliato una nuova prospettiva da mettere alla prova nella quotidianità, fuori dai boschi e a volte molto lontano dal sole (chissà, forse anche quello che ti ho scritto a febbraio andrebbe rivisto, forse non era di gratitudine che ti dovevo parlare).
Sii sapientemente presente nella tua vita, piccolo E., tanto da farne un'opera di cui essere grato a te stesso.
A presto,
M.