2022-11-17

La mia ombra

Avventura di una influenza

Caro E.,

sono da poco guarito da una piccola influenza che ha risvegliato vecchi demoni e rinnovato paure che credevo fossero state quantomeno domate.

Ho passato 24 ore “all'inferno”, credendo che il passato di quattro anni fa sarebbe venuto a bussare per riportarmi indietro, ho lasciato aperta la porta alla paura che è venuta a fare razzia di tutti i pensieri belli, di tutti i progetti e di tutte le prospettive. Sembrava un ladro in una notte di blackout.

Ma non sono la persona di 4 anni fa, non sono un insieme di strati che si possono togliere: si sono rinnovate le mie radici, il mio nucleo, la mia linfa. Ho riportato alla mente le parole di una persona molto importante nel percorso di questi anni: “Tutto avviene per una ragione e tutto si muove per farci stare meglio” (non credo siano testuali, ma il concetto è quello).

Così ho rimesso fuori i piedi dal letto e ho guardato i giorni a casa che mi si prospettavano davanti: un’occasione per prendermi cura di me, per dedicarmi del tempo, per rinnovare i miei progetti e per fare pace con la mia ombra.

Ieri mi sono imbattuto in un documentario intitolato “Il metodo Phil Stutz” in cui questo psichiatra illustra i “tools” del suo metodo di analisi con i pazienti.

Uno di questi tool mi ha fatto fermare e in parte tremare: l’ombra. Viene definita come la parte di noi che vogliamo tenere nascosta, che rinneghiamo, di cui ci vergogniamo ma che inevitabilmente fa parte di noi e con la quale avremo sempre a che fare. Ho voluto allora prendermi del tempo per andare a cercare quell'ombra e chiederle perdono.

La mia ombra è un bambino, o meglio una serie di bambini tra i 3 e i 9 anni. Sono bambini che ho sempre criticato e rinnegato, bambini che ai miei occhi si comportavano in modo stupido, che facevano delle scelte ridicole. Sono bambini che cercavano di emergere in modo non intelligente in uno spazio che era passato da esclusivo a condiviso. Non ho mai accettato quei bambini tanto da non riuscire nemmeno a guardarli nei video di famiglia, mi rintanavo nella mia stanza e ascoltavo gli altri divertirsi e continuavo a covare rabbia verso quei bambini che offrivano occasione di divertimento. In quanti modi diversi si sarebbero potuti comportare? Evitare quelle spinte, non usare quel tono di voce, non estrarre quella spada, non dire quella parola. Ogni occasione serviva per caricare ancora più rabbia su quei corpi.

Sono tornato da quei bambini, mi sono seduto davanti a loro e li ho guardati a lungo: c’era quello con il pigiama il giorno di natale, quello con la camicia e un rinoceronte giocattolo in mano e quello con una cintura che sorregge una spada. Nonostante tutto quello che gli ho fatto erano ancora lì a sorridere. Ho giocato con il banco degli attrezzi del primo cercando di essere un buon aiutante, ho rimesso in fila gli animali con il secondo e li abbiamo nominati con le voci più strane che siamo riusciti a fare e ho duellato con il terzo, ovviamente ha vinto lui. Ho chiesto perdono ad ognuno e li ho ringraziati per essere stati figli, fratelli presenti, persone buone. Poi li ho salutati, portandomi via tutto il carico che gli avevo messo sulle spalle, cosicché potessero giocare più comodamente, più liberi di muoversi.

Succedono tante cose, figlio mio, che ci cambiano costantemente, rinnovando versioni di noi in continua evoluzione e ognuna di quelle versioni porta qualcosa di buono a quella successiva. Ogni te è il mezzo per quello successivo, anche quelli che ti sembreranno deprecabili, non all'altezza, ricordati che meritano almeno il tuo amore.

Non ero in pace con tutto me stesso e questo momento di stop, questa nuova sfida mi ha dato l’occasione di riconciliarmi con quella parte. Così, quando ripenserò a questa influenza, a questa caduta dal punto di vista mentale, la assocerò a quel banco da lavoro, a quegli animali e a quella spada e mi lascerò pervadere da un sorriso.

A presto,

M.