Caro E.,
sono più di due mesi che non ti scrivo una lettera e oggi allora ti scrivo proprio di questo silenzio.
Proverò a scriverti come sto imparando a non dare colpa a quel silenzio e a come mantenere viva un’aspirazione senza farmi schiacciare da essa. Proverò a condividere con te l’idea che gli obiettivi non sono interruttori tutto o niente.
Qualche tempo fa, non sono bene quanto, ma del tempo magari parleremo un’altra volta, ti avrei scritto che questi ultimi due mesi sono stati due mesi negativi durante i quali ho scritto pochissime poesie e nessuna lettera appunto. Un periodo in cui ho letto poco rispetto a quello che mi aspettavo e così via. Ti avrei elencato tutte le cose che non sono andate come me le ero immaginate. Poi ti avrei scritto qualcosa sulla perseveranza, sul ricominciare costantemente e sul non abbattersi.
Invece oggi non voglio che sia così. Oggi ti voglio scrivere di come ho iniziato a ringraziare questo periodo di silenzio, di tutti i suoi “pieni” e di come gli obiettivi sono una rotta a cui si ritorna senza portarsi il peso di un periodo in cui non li abbiamo mossi così tanto.
Come credo di averti già scritto qualche volta, e come mi ripete sempre una certa persona, spesso è come ci raccontiamo la storia che fa la differenza tra il positivo e il negativo. Immagina questo: ti sei prefissato di scrivere un certo numero di poesie e di lettere, ti sei prefissato di leggere un certo numero di minuti ogni giorno, ti sei prefissato di iniziare ad applicare una nuova routine mattutina per ricavarti del tempo in più. Ti sei promesso di ritagliare del tempo per fotografare perché hai la sensazione che l’abbinata poesia-fotografia potrebbe darti soddisfazione. Dopo questa immagine tieni conto dei seguenti fatti che completano il contesto: tutto quello che vuoi fare lo puoi fare solo nelle ore non impegnate dal lavoro. Aggiungi una serie di interventi di ristrutturazione alla casa che si sono sbloccati insieme e che sono nel pieno del loro svolgimento, condisci con un periodo particolarmente intenso di lavoro e spolvera con un sottofondo di stanchezza che permea la giornata.
Che storia ti vuoi raccontare alla luce di questi fatti?
Vuoi raccontarti come sia “ingiusto”, di quanto tutto debba seguire il piano prefissato? Vuoi restare frustrato per l’imprevisto? Per l’impianto fotovoltaico che non funziona? Vuoi sentirti in colpa per aver saltato un allenamento o per aver mangiato un cioccolatino in più? Vuoi aspettare di avere tutti i pianeti allineati per poter fare quella cosa “straordinaria”?
Io no. Non più.
L’ho fatto e ancora mi capita di farlo e la conclusione è sempre la stessa: non solo si è verificato l’imprevisto, ma si è anche mangiato il resto della giornata. Proprio oggi ho saltato allenamento perchè “non avevo abbastanza tempo per eseguirlo tutto” ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Sono giorni che guardo i miei obiettivi e mi sale l’angoscia perchè l’ultimo periodo è stato fitto di impegni e non ho mantenuto il passo prefissato e quindi rischio di non centrare i numerelli scritti in quel foglio sulla scrivania. E questa dovrebbe essere gioia di vivere?
Si è innescato il meccanismo della procrastinazione in risposta alla paura di non raggiungere gli obiettivi e mi sono ritrovato a guardare serie tv banali su Netflix, aumentando il livello di frustrazione annegata poi sotto una montagna di scuse di dubbio gusto e credibilità. Questa è la mia storia?
Forse è il caso di spezzare un po’ questa catena.
Allora ho riguardato indietro e ho cominciato a rivivere quei momenti, “perdonandomi” se non mi sono alzato tutti i giorni alle 05.15, se non ho meditato ogni mattina, se non ho letto ogni sera. Ho cercato di capire per quali motivi le cose sono andate così e la risposta è che sono andate così perchè dovevano andare così: avevo scelto di farle andare così perchè mi basavo su premesse le cui conclusioni non potevano che essere queste. Non serve il rancore, la frustrazione o la colpevolizzazione, serve solo continuare (e non ricominciare). Come durante la meditazione, quando il pensiero fugge, va semplicemente riportato al centro dell’elemento di focus.
Allora, nello spirito con cui sono nate queste lettere, sono qui ha raccontarti un nuovo progresso e un nuovo cambiamento che sto provando ad attuare: basta pianificazioni e impegni asfissianti. Basta pretendere da se stessi a priori. Ho deciso di cambiare le premesse: si tratterà di rendere memorabile ogni giorno. Questa sarà la nuova parola guida, memorabile. Attenzione, io non sono un fan delle “tre cose di cui essere grato ogni giorno” e nemmeno della vita priva di aspettative. Adoro pormi obiettivi per tracciare una rotta, per motivarmi, per crearmi un senso. Ma anche formulare obiettivi richiede una certa abilità per non trasformarli in gabbie, dopo tutto stiamo parlando di vita e non deve essere per forza una pena. Cosa ne dici se proviamo a rivedere quelli che mi sono posto circa sei mesi e valutiamo quanto sono diventati tossici?
Il problema più grande di quegli obiettivi sono i numeri: vivo in un mondo fissato con la misurabilità, con il riscontro oggettivo del successo e che ha eliminato dall’equazione l’equilibrio, la soddisfazione, il sentirsi nel posto giusto. Ha senso pormi obiettivo un numero di poesie per spingermi a scrivere? E se ne scrivessi 60 invece di 100 sarebbe un fallimento? E seppur di scriverne 100 scrivessi “a caso” sarei ancora felice di quello che sto facendo? Mi sa proprio di no…
Perchè è chiaro che l’obiettivo è scrivere, allora si tratta di costruire il momento per farlo, perchè è farlo che crea la soddisfazione, non il numero di poesie.
Prendiamo a confronto l’obiettivo di fare la traversata dello Stretto di Messina: non ci sono numeri, tempi o confronti. C’è solo il desiderio di prepararsi per essere lì e provarci. Ancora una volta si tratta di costruire le condizioni per essere presente, non si tratta di quantità.
Pensandoci un po’ meglio si tratta di innescare un meccanismo intorno ad una attività in grado di creare un momento piacevole: per scrivere poesie ho bisogno di creare immagini emotive nella mia testa che a loro volta richiedono di esporsi a sollecitazioni. Scrivere queste lettere è il frutto di un pensiero più razionale che ha bisogno del tempo per essere elaborato e contestualizzato. Oppure ha bisogno di una suggestione emersa da un libro, che allora deve essere letto con i giusti tempi e non perchè c’è una challenge da vincere.
La competitività è una variabile che voglio eliminare per passare alla memorabilità. Se mi pongo come obiettivo il rendere memorabile ogni giorno della mia vita posso usarlo come innesco di tutte quelle situazioni che mi portano a leggere, scrivere, nuotare, coltivare una pianta, fare un viaggio, giocare. Si tratta di considerare il tempo e le risorse disponibili ogni giorno e creare le condizioni per fare qualcosa di cui ricordarsi, di costruire uno di quei momenti di cui essere grati.
Con queste premesse allora anche nei giorni più brutti magari ci sono 10 minuti per leggere qualche pagina di un libro, o per meditare, o per fare un disegno. Il cambio che sto cercando di applicare è proprio questo: costruire oggi la “memorabilità” di oggi e non programmarla ieri. Ascoltare oggi quello che ci muove e provare a seguirlo sbarazzandomi del senso di colpa per non aver seguito il piano fatto tempo fa. Perchè piantare un albero nel nuovo giardino è più memorabile che non scrivere o non leggere.
Ecco che queste righe nascono ora, proprio per questo motivo. Sono la mia giornata memorabile di oggi, sono il tempo e le risorse che avevo a disposizione per farlo.
Per concludere, allora, questa non è una ripartenza, non ho tirato una linea e ricominciato. Questo è semplicemente continuare, fare la cosa nel momento giusto per farla. Questo post è la libertà dalle pressioni autoimposte come riflesso di un mondo iper-accellerato. Sono successe tante cose in questi due mesi e va meravigliosamente bene così.
A presto, M.