Caro E.,
a volte mi capita di trovarmi di fronte a realtà che sembrano estreme, agli antipodi le une rispetto alle altre. A volte sembra di avere a che fare con la montagna e l'oceano: se ragioniamo in termini di altitudine cosa c'è di più distante della cima di una montagna dal fondo del mare?
Quando mi ritrovo di fronte a questi, che sembrano a tutti gli effetti poli opposti, è sempre forte la tentazione di focalizzarmi sulle differenze, quasi nel tentativo di aumentare ancora di più quella distanza, quell'incompatibilità e quella irraggiungibilità. Sembra facile sostenere quella lontananza, alimentarla sembra il corso naturale delle cose: una montagna sempre più alta e un oceano sempre più profondo.
Ma che succede se indossi metaforicamente degli scarponi e sali in cima? Lo avrai sicuramente sentito innumerevoli volte, trovi fossili di conchiglie: tanti fossili di conchiglie. E se ti ti immergi metaforicamente nell'oceano cosa scopri? Che il suo fondale è pieno zeppo di catene montuose, ma proprio tante ne trovi. E ancora, che tu stia scalando o che tu ti stia immergendo ad un certo punto ti manca l'aria, respirare non è così semplice, i movimenti diventano più lenti in entrambi i casi. Allora forse ti accorgi che la distanza tra la cima di un monte e il fondo dell'oceano è fatta di tutte le cose li accomunano.
Così, se un giorno ti accorgerai di essere un oceano e di fronte a te avrai una montagna, ritrova le vette che si ergono dai tuoi fondali e aiuta la montagna a trovare i fossili del suo mare. E se invece sei una montagna e di fronte a te trovi l'oceano accarezza i tuoi fossili e ricorda quando ti innalzavi tra le correnti o quando eri una distesa brulicante di vita; aiuta l'oceano a scalare le sue montagne nascoste tra le sue onde.
Il modo migliore per diminuire le distanze è provare a guardarsi da vicino, perché da lontano possiamo sembrare neri come la notte o acuminati come pugnali.
A presto,
M.