2024-01-18

Imparare a Sentire

Fantasticare sul concetto di archè

Caro E.,

oggi prendo in prestito un tema caro alla filosofia e una sua parola greca: Arché.

Mi sono messo a fantasticare un po' su questo concetto, che tanto ha coinvolto i primi filosofi, di origine e di principio generatore; ti lascio queste parole quasi come un flusso di coscienza, senza pesarle troppo e mi auguro che il perché si chiarisca nel susseguirsi della lettura.

Ho iniziato a immaginare questo concetto di principio primordiale, di origine del tutto, traslato all'interno della presenza umana. Quindi non come principio dell'universo ma nella sua versione personale e soggettiva, ovvero come principio primordiale di origine del mio Essere. Non mi riferisco, ovviamente, al mio essere biologico, al mio essere vivente nè alla mia origine come elemento del mondo. Mi rivolgo all'origine della mia presenza, del mio Essere NEL mondo in tutti gli istanti che mi sono e mi saranno concessi all'interno di questo corpo. Mi rivolgo all'origine del mio atto creativo e generativo che si compie nella mia presenza nell'Essere, ovvero il mio MODO di Essere. Già cercare i termini è un ostacolo che rallenta questo flusso che nella sua essenza è chiaro in me.

Scrivo queste righe lasciandomi guidare da questo arché senza dare troppo tempo alle parole (lascinadole emergere per quanto possibile), quasi in un esercizio di scrittura automatica (mi perdonerà ...) e mentre scrivo attendo che il significato di questo arché emerga dalle parole stesse che mi impongo di lasciare cadere dalle dita: da dove arrivano? Qual è la loro fonte originaria?

In passato avrei risposto dando il nome di "pensiero" a questa origine, alla capacità di costruire concetti coerenti esprimibili attraverso il linguaggio. Ma non posso più accettare questa risposta, l'esperienza di questa flusso di scrittura ne è la prova in quanto il linguuaggio non è in grado di esprimere a pieno l'entità e la sostanza di questo flusso. Il pensiero, mi accorgo, risulta subordinato al linguaggio e alla conoscenza, parte da quello che già sa, non da ciò che è. Questo significa che il pensiero è anche subordinato a ciò che abbiamo accettato come condizione della realtà e dentro ai confini di quella realtà muove i suoi passi. In questo senso, ammesso di avere ragione (strana parola da usare in questo contesto), nutro dei dubbi sulla forza generatrice del pensiero in quanto tale, nutro dei dubbi sulla possibilità del pensiero di creare una Realtà, o qualsiasi cosa al di fuori del reale che è stato accettato. Quasi come gli mancasse una spinta o un carburante per poter sostenere l'atto generativo: in assenza di quello è intrappolato in qualcosa di già noto.

Il pensiero fine a se stesso, per come lo sto sperimentando, assume una realtà come condizione esterna e cerca di adattarsi ad essa e di muoversi all'interno dei suoi parametri: in qualche modo il pensiero in quanto tale accetta un giusto e un sbagliato, un bene e un male derivanti dall'esterno, acquisita dalla realtà accettata.

In questi anni, di profondo cambiamento e di profonda messa in discussione di me stesso ho anche, inevitabilmente, messo in discussione il mio pensiero come principio di origine e così facendo ho dato spazio ad altro per emergere. Ora mi accorgo che questo altro potrebbe essere quella spinta o quel carburante di cui scrivevo prima, quella via per spiegarmi e darmi un posto (che non è un posto fuori dal mondo, ma è un posto nel mondo). Ho scelto di dargli il nome di "Sentire" come atto profondo di consapevolezza di sé, come condizione pura di presenza. Questa condizione è agnostica di ogni tipo di "esterno", ingiudicabile ed insindacabile perché unica espresisone autentica della presenza soggettiva nel mondo, della mia presenza nel mondo e della mia consapevole presenza del mondo: è il confine tra il mio io e il mio fare, tra il mio essere e il mio scegliere come stare. Non è manifestabile come tale ma necessità di una messa nel mondo, nella traduzione a cui può venire in aiuto il pensiero e più il pensiero accetta di esprimere il Sentire più il nostro stare nel mondo sarà vicino al nostra essere nel mondo. Adesso ci arrivo meglio.

Per me questo "Sentire" è una condizione nuova, spesso disorientante, che sto imparando a conoscere, di cui mi sto imparando a fidare. E se accetto di eleggerlo ad archè personale ecco che si apre davanti a me la possibilità della creazione della Realtà (dentro alla realtà): se il pensiero è subordinato a questo Sentire allora da questo carburante il pensiero diventa generativo di una nuova manifestazione della Realtà, nata dalla condizione dell'essere personale, da iniettare in quella realtà esterna in cui ognuno di noi è immerso. Così da contaminarla, da espanderla, in modo da inglobare il nostro essere.

Mentre scrivo e penso a questo "Sentire" sorgono anche le parole "Frequenza" e "Vibrazione": qualcosa che esiste oltre l'umano, oltre il corpo e le strutture che questo corpo si è costruito intorno. Non è un rifiuto del mondo, non vuole essere una rinucia al praticità, alla tecnica e alla concretezza che abita il mondo. Si tratta di di qualcosa in grado di generare inquel mondo qualcosa di nuovo, qualcosa che vada oltre alla combinazione di cose già note, che apra lo spazio (e di spazi di aprire nella nostra società credo ce ne siano parecchi) attraverso una testimonianza di quel nuovo Reale, e non come mera ipotesi del pensiero.

Il pensiero dovrebbe servire per portare nuove forme all'interno di questo Tutto che abitiamo, ampliando le possibilità e creando un linguaggio per quella vibrazione. Nella mia vita, invece, spesso il pensiero ha agito come filtro di quelle frequenze cercando diinvertire l'ordine degli elementi: sentire quello che penso invece di pensare quello che sento. Oggi mi sto accorgendo di come sia molto più utile e preziosa la seconda: mettere il pensiero al servizio del Sentire. Questo significa accettare la solitudine che può derivare se intorno hai persone che hanno scelto di sentire quello che pensano e che di conseguenza attingono dall'esterno il pensiero invece che dalla loro Realtà unica e inclassificabile.

Mi è capitato in diverse occasioni, in questa mia nuova vita, di sperimentare una sincronia di frequenze, uno stato in cui nemmeno il pensiero ha dovuto agire per dare forma e linguaggio al Sentire, dove l'essere ha comunicato direttamente e le frequenze hanno risuonato. Sono esperienze di infinito presente, di amore per l'altro e soprattutto per la vita: una condizione priva di prima e dopo (tanto cari al pensiero) che esclude l'umano e si condensa nell'essere stesso che compone quel momento. Uno di questi lo abbiamo vissuto proprio insieme disegnando su un grande foglio appeso al muro della cucina. Passo le mie dita su quel foglio ogni mattina per sperimentare di nuovo il ricordo di quella frequenza.

Disegno

In quel disegno è rappresentato il nostro essere inisieme (l'unico pensiero che c'è stato in tutta la sua realizzazione è stato quello di non sporcare il muro). Mentre scrivo tu hai poco più di due anni e la tua vita si sta appena affacciando al mondo del pensiero, mentre è ancora forte il tuo Sentire che guida e veicola il tuo presente in sintonia con il tuo essere. Ma per me, vicino a te, è stata una grande scoperta: è nitido il ricordo di quel tuo processo istintivo e naturale che ti ha portato a creare quella forma che ricorda un cuore al centro del disegno.

Cuore

Tu non sapevi che era un cuore e di certo non c'era l'intezionalità di creare un cuore, non esisteva un significato razionale di quella tua azione, ma tutto ciò non rende meno prezioso quell'atto: ti ho visto stendere uno strato di temepera secca rosa e sopra di esso un altro strato blu, poi con il dorso della mano hai iniziato a picchiettare su quello strato blu con una sicurezza e una naturalezza che mi hanno incantato e rapito, così è avvenuta quella creazione. Ogni tentativo di spiegare sminuisce in qualche modo quel momento di unicità perchè cerca di ricondurlo a qualcosa di esterno, a qualcosa di già visto. Ma io nonti ho mai più visto fare quel gesto. Io ho vissuto quell'atto di generazione, quella realtà nuova che non è il risultato fisico (il disegno) ma è la connesisone di quelle frequenze. Chiamarlo cuore è di per sè un errore del pensiero, un tentativo di ricondurlo a qualosa di spiegabile con un alfabeto condiviso invece di accettare la realtà di quella creazione.

Continuerò a passare le mie dita su quel foglio ogni mattina e a guardarlo come atto creativo, senza più dare nomi alle sue forme.

Questo Sentire fa paura, o meglio, il pensiero di questo Sentire fa paura perchè l'umano forse teme la Realtà che non è nota e che potrebbe scaturire da quel Sentire senza saperla spiegare. Anche io soffro, a volte tremendamente, di questa paura: paura di questo Sentire che cresce e per il quale il pensiero non sempre riesce sempre ad accogliere e si rifugia in qualcosa di conosciuto, qualcosa che sembri rassicurante, poco rischioso, cerca di rimanere nel mondo e di adattarsi senza cambiare la sua immagine. La paura del desiderio. Una distanza tra Sentire e pensare che genera attrito, spreca energia, genera infelicità e insoddisfazione.

Sto imparando, un po' alla volta, a Sentire con tanta speranza e cercando di accettare con serenità gli alti e bassi di questo percorso. Sono sempre più conscio che siamo oltre l'umano, oltre le condizioni del nostro corpo, oltre i vincoli del nostro linguaggio e oltre le strutture delle relazioni che creano la società. Restiamo umani e forse lo resteremo per tutta la vita, ma abbiamo la possibilità di espandere e di arricchire questo spazio con nuove immagini e nuove possibilità, ampliando lo spazio del reale a tutto ciò che è possibile. La vera sfida è portare il nostro Reale nel reale del mondo, perchè è qui che siamo chiamati a vivere la vita, è qui che dobbiamo accettare il nostro umano senza rinunciare alle possiiblità di portare ciò che è oltre l'umano. Una via difficile, fatta di tanto amore per se stessi, tanto perdono e tanto coraggio.

Credo di essere giunto alla fine di questo lungo pensiero, le dita sono un po' indolenzite. Credo che lascerò le parole così come sono venute, senza rimettere mano a ciò che ho scritto (giusto qualche virgola e errore grammaticale), come testimonianza della mia frequenza. Non so nemmeno bene cosa ho scritto, come rendano le parole e le frasi, se ci sia un filo o una connessione. Ci troverai probabilmente alcune ripetizioni, troverai concetti incomprensibili o contraddittori. Mi auguro almeno che sia così, altrimenti il pensiero ha agito troppo anche in questo caso. Forse un giorno vivremo una realtà che è vera unione delle Realtà singolari, nate dal nostro archè. Spero che per te sia così, che il tuo Sentire ti sia sempre presente e amico, ingrediente della tua autodeterminazione e della determinazione della tua presenza nel mondo. Se così è, non temere le sofferenze dell'umano, accettale perché, come mi disse una persona a me molto cara, noi siamo più che umani. Metti il tuo pensiero al servizio della tua Frequenza e lasciati guidare nella via. Un passo alla volta.

A presto,
M.